Ci si interroga spesso, sul perché della crisi del giornalismo negli anni della rivoluzione digitale e su quale debba essere o sia diventato il ruolo della professione giornalistica in questi anni di cambiamento rapido e inarrestabile. Poi accadono episodi come quello della strage nelle moschee della Nuova Zelanda e tutti i buoni propositi vengono meno in un istante e qualunque riflessione saggia e lungimirante sul ruolo del giornalismo dentro alla nostra società liquida e in perenne mutamento vengono meno. Approfittiamo di un ottimo lavoro realizzato dal nostro collega e associato Angelo Cimarosti, fondatore fra le altre cose di un soggetto chiamato You Reporter, – uno strumento che ha definito in modo chiaro e preciso l’esistenza e il ruolo del citizen journalism anche in Italia – per accostarci con molta umiltà al problema del giornalismo dal basso, in questo caso, la narrazione in prima persona del fatto da parte del suo stesso autore; per provare a capire cosa sia successo mentre il massacro delle moschee veniva trasmesso in diretta online, dentro al mondo dei mass media e dentro il mondo in cui oramai tutti siamo immersi costantemente, il mondo digitale.
Il fatto lo conoscete e non staremo qui a ripercorrerlo, l’impronta mediatica forte a corollario di quel fatto è però ugualmente importante e quella sì che la vorremmo
